Il termine di grazia nelle locazioni non abitative

La Corte di Cassazione ha ricordato (attraverso l’ordinanza 28502/2018) come il termine di grazie non si possa applicare per il pagamento di canoni scaduti su immobili affittati ad uso non abitativo.

Detto più semplicemente, il conduttore non può andare a sanare la propria posizione debitoria in sede giudiziale.

Questo vuol dire che se dovesse pagare il canone dopo aver ricevuto l’intimazione di sfratto, la clausola risolutiva espressa convenuta dalle parti non potrà risultare inapplicabile.

Termine di grazia, cos’è

Ai sensi della legge 392 del 1978 (precisamente articolo 55) si definisce termine di grazia quella particolare formula per la quale in caso di intimazione di sfratto per morosità, l’affittuario debitore può versare alla prima udienza l’importo corrispondente ai canoni scaduti e non pagati.

Qualora per il giudice ci siano delle comprovate motivazioni per le quali il conduttore si è reso inadempiente, può stabilire un ulteriore termine di 90 giorni, appunto termine di grazia, entro il quale versare tutti i canoni locativi.

La legge prevede anche che il giudice fissi un’udienza entro massimo 10 giorni dalla scadenza del termine di grazia per verificare che il conduttore abbia perfezionato la sua posizione debitoria.

Se la morosità dovesse persistere anche dopo il termine di grazia, il giudice si vedrà costretto a convalidare lo sfratto, passando alla fase dell’esecuzione del rilascio dell’immobile.

Pagamento entro il termine di grazia

Per evitare che sia convalidato lo sfratto, l’affittuario deve provvedere a pagare il totale comprensivo di canoni scaduti, oneri accessori, interessi legali e spese di giudizio.

Come si calcolano i canoni?

Si fa riferimento alla data di ricezione dell’intimazione dello sfratto. Stesso modus operandi per quel che concerne gli oneri accessori (si pensi alle spese condominiali). Le spese di giudizio sono quelle stabilite in udienza tra onorari, marche da bollo e notifiche.

La formula fac simile per chiedere il termine di grazia

“L’avvocato Caio per la parte convenuta si costituisce come da procura alle liti e chiede, al solo fine di non precludere alcuna difesa al comparente, la concessione del termine massimo per pagare la mora ex articolo 55 legge 392 del 1978”

Si può richiedere un nuovo termine di grazia?

Il termine di grazia rappresenta una possibilità ulteriore che viene data al conduttore per pagare tutti i canoni scaduti fino al giorno dell’intimazione di sfratto (non rientra quindi nell’obbligo la somma dovuta dopo aver ricevuto l’intimazione).

Se il conduttore quindi paga regolarmente la somma per la quale aveva avuto il termine di grazia, e si rende inadempiente per quelli successivi, il proprietario di casa dovrà porre in essere un nuovo procedimento di convalida di sfratto, con diversa intimazione. Trattandosi quindi di un nuovo giudizio, il conduttore avrà diritto nuovamente al termine di grazia.

Ovviamente nell’arco di quattro anni, il conduttore potrà beneficiare di questo vantaggio solo tre volte. Giocate tutte e tre volte le carte, la richiesta di sfratto verrebbe senz’altro convalidata.

Termine di grazia di 120 giorni

Il predetto articolo 55 della legge in esame, ha previsto anche la possibilità ulteriore di ottenere un termine di grazia più lungo, di 120 giorni.

Questo caso particolare può andare a beneficio dell’affittuario solo se quest’ultimo avrà dimostrato che la sua posizione debitoria, per un massimo di due mesi, sia  da imputare alle condizioni economiche precarie in cui verte.

E, inoltre, come tali condizioni precarie siano insorte dopo la stipula del contratto, e derivino da malattia, disoccupazione o gravi e comprovate condizioni di difficoltà.

E per i locali ad uso non abitativo?

Come anticipato nel paragrafo introduttivo, il termine di grazia non viene applicato per i contratti di locazione ad uso non abitativo. La Suprema Corte ha stabilito che nelle locazioni di immobili ad uso diverso dall’abitazione, non si applica la disciplina di cui all’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Quindi se il conduttore provvede al pagamento dopo aver ricevuto intimazione, per la legge continuerà a sussistere la morosità prevista dall’articolo 663.

Per cui , come scrive la Corte, “l’offerta o il pagamento del canone non comportano, nel giudizio susseguente a cognizione piena, l’inoperatività della clausola risolutiva espressa, in quanto, ai sensi dell’art. 1453, terzo comma, cod. civ., dalla data della domanda – che é quella già avanzata ex art. 657 cod. proc. civ. con l’intimazione di sfratto, introduttiva della causa di risoluzione del contratto – il conduttore non può più adempiere”.