Il cambio di sesso anagrafico non coincide con quello chirurgico

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Storica la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha sancito che il cambio di sesso anagrafico non debba coincidere forzatamente con quello chirurgico.

Una persona che non si riconosce nel suo sesso, quindi, può decidere di cambiare tali generalità anagrafiche pur senza aver prima cambiato sesso con una operazione chirurgica.

Sia il tribunale di Piacenza che la Corte d’Appello di Bologna si erano mostrati contrari a tale orientamento e la ricorrente si era vista respingere il ricorso poiché i togati concordavano con la prevalente la giurisprudenza di merito secondo cui, per la modifica di detti dati anagrafici, è necessario aver prima eseguito il trattamento chirurgico sugli organi geniali.

Alla base della storica sentenza della Cassazione vi è il nuovo principio secondo cui “il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell’intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un’elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale. Il momento conclusivo non può che essere profondamente influenzato dalle caratteristiche individuali. Non può in conclusione che essere il frutto di un processo di autodeterminazione verso l’obiettivo del mutamento di sesso, realizzato mediante i trattamenti medici e psicologici necessari, ancorché da sottoporsi a rigoroso controllo giudiziario”.

La sentenza è stata festeggiata da Rete Lenford come una importante vittoria per i diritti della comunità LGBT, arriva in concomitanza con la condanna di Strasburgo all’Italia per il non riconoscimento dei matrimoni gay.

Chissà che non rappresenti un primo punto distensivo che ci renda meno invisi all’Europa sotto il profilo dei diritti delle comunità LGBT.

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