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La storica sentenza della Corte Suprema statunitense ha di fatto legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso, rendendo “arcobaleno” tutti e 50 gli stati ivi presenti. Le fondamenta giuridiche di tale sentenza appaiono, però, molto pericolose, come non hanno che potuto far notare diversi giuristi.

Se è vero che il matrimonio è un procedimento giuridico e in quanto tale deve essere garantito a tutti per il principio del “due process”, cosa può vietare anche alle coppie poligamiche, a genitori e figli di sposarsi?

Questo è il dubbio che sta sorgendo in seno a giuristi e commentatori che appare quantomeno fondato. La vittoria per un diritto delle persone dello stesso sesso può drammatizzarsi fino a divenire una “macchietta di sé”?

Le basi per estendere a quelle categorie la possibilità di sposarsi, sembrano seriamente poste in essere e la strada appare spianata, almeno negli USA. Giuridicamente non ci sono più barriere che possano impedire il verificarsi di eventi come quelli sopra descritti.

La presenza di famiglie poligamiche è, d’altronde innegabile, così come la presenza di coppie composte tra madre o padre e figlia o figlio.

Cosa vieterà l’applicazione del principio del due process anche a questi “particolari” procedimenti? La vittoria della libertà di sposarsi per le persone dello stesso sesso, basata su questi principi, insomma, appare più una sconfitta malcelata.

La speranza è che giuridicamente si riesca ad impedire il progredirsi di queste due possibilità. In alternativa non osiamo immaginare quale filtro userà Facebook per celebrare la legalizzazione dei matrimoni poligamici o tra padre e figlia.

Elisa Ceccarelli

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